XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (B)

XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (B)
Gb 38,1.8 – 11 ; Dal Salmo 106 (107); 2 Cor 5,14 – 17 ;
MC 4, 35 – 41 ;

TEMA : Fede

• In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: “Passiamo all’altra riva”.
Gesù era solito spostarsi da una parte all’altra del mare di Galilea. Si spostava per ritrovarsi, rigenerarsi nello spirito, lontano dalla folla sempre esigente. La vita di un uomo, di ogni uomo, ha bisogno di spazi personali, da vivere con se stesso, nell’intimità con Dio. Anche la vita pubblica di chi è investito come il Cristo di una missione di salvezza necessitava di questi spazi di segretezza e di solitudine. Saper coniugare pubblico e privato, esigenza di Dio e dell’uomo, tempo per gli altri e tempo per se stessi è la suprema regola della santità cristiana. Non solo per se stessi, non solo per gli altri, per gli altri ma dopo essere stati con se stessi, essendo però sempre in Dio, per Lui e con Lui.

• E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca.
Il distacco avviene con la collaborazione dei discepoli. A volte l’aiuto degli altri non solo è conveniente, è del tutto necessario. Lasciarci aiutare non è debolezza, ma fortezza del nostro spirito. Quando è l’ora del ritiro bisogna fare in fretta, così come si è, si lascia tutto e si parte. Grande insegnamento. Gesù sa sempre distinguere nella sua vita ciò che è essenziale da ciò che è secondario, ciò che è urgente da ciò che si può rinviare o si può omettere del tutto. Egli sale sulla barca così com’era. Quante cose potremmo noi tralasciare delle mille inutili cose che facciamo. Purtroppo sovente ci attacchiamo all’inutilità e non facciamo ciò che veramente ci serve per la nostra vita spirituale.

• C’erano anche altre barche con lui.
Ma la folla non comprende le esigenze del Maestro. Essa pensa di poterlo comunque e dovunque seguire. A volte ciò è fatto per entusiasmo, altre volte per necessità e per impellenza, altre volte ancora perché non si riesce ad operare quel distacco vitale per noi e per gli altri. E’ il segno che ancora la perfezione è lontana e la mente ancora non è bene impostata sulla via della verità e della giustizia.

• Ci fu una gran tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena.
Ma il mare ha le sue insidie. C’è quel vento che può levarsi da un momento all’altro, senza preavviso, che può causare disgrazie e sciagure e gravi lutti. Questo vale anche per il mare dello spirito che bisogna attraversare per raggiungere il regno dei cieli.

• Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva.
Gesù era là, ma dormiva. Lui è sicuro. Lui aveva già prevenuto tutto con la sua forza interiore e con il suo totale affidamento al Padre suo. Lui le cose le prepara in anticipo. Non si lascia mai prendere da esse. La preparazione della storia avviene nella preghiera.

• Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non ti importa che siamo perduti?”.
Molte volte ci ricordiamo dell’esistenza di Dio solo al momento del pericolo, quando invece è l’ora della nostra risposta nella fede. Allora gridiamo al Signore e lo rimproveriamo per averci abbandonato a noi stessi. Una lunga preparazione è necessaria a chi vuole salpare il mare della storia, preparazione seria nella fede. Dio è sempre con noi ed egli non dorme. Eravamo noi a dormire, mentre lui vegliava, nella sua pace di cielo.

• Si destò, minacciò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”.
E’ proprio dell’Onnipotenza di Dio comandare alla forza del mare. Non è capacità di uomo. I discepoli lo sanno, ne fanno l’esperienza.

• Il vento cessò e vi fu grande bonaccia.
Il vento non può che obbedire ed il mare calmarsi.

• Poi disse loro: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”.
L’esperienza con il Maestro avrebbe già dovuto condurli ad una certa fede e ad un fede certa. Purtroppo molte volte capita che la frequentazione degli uomini di Dio ci fa restare ai margini della loro missione, nell’ignoranza di ciò che veramente essi sono. Questa lontananza spirituale è dovuta a quella superficialità con la quale ci si accosta alle realtà più alte e profonde; è anche causata da quella distrazione che ci impegna altrove, nelle cose secondarie, allontanandoci da ciò che è il vero necessario per noi.

• E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro:
Il timore è dovuto alla presenza in Cristo del divino e del soprannaturale. La vicinanza di Dio provoca nel cuore quel sentimento di forte umanità, di pochezza, di quella grande lontananza che ci separa e ci distingue dalle cose celesti. Sempre nella Scrittura è avvertito il timore nelle molteplici manifestazioni di Dio.

• “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare obbediscono?”.
Ancora una volta ricompare la domanda fondamentale: in realtà chi è quest’uomo? E’ semplicemente un uomo, forte, saggio, sapiente, rivestito di poteri divini, o è possibile già concludere che c’è qualcos’altro che va infinitamente oltre? Il vangelo di Marco verso questo tende, perché verso la comprensione della sua divina essenza tendeva l’opera e la parola di Gesù Signore.

Chi è dunque costui (M. Costantino di Bruno)
Le opere manifestano la natura di colui che le compie. Quando Giobbe chiese a Dio le ragioni della sua sofferenza, il Signore gli rispose che ogni sua opera è mistero impenetrabile. Tutta la natura creata è sua opera e in essa si respira solo mistero, non solo nelle grandi cose da Lui fatte, ma anche in quelle umilissime e ordinarie.
«Chi è mai costui che oscura il mio piano con discorsi da ignorante? Cingiti i fianchi come un prode: io t'interrogherò e tu mi istruirai! Quando ponevo le fondamenta della terra, tu dov'eri? Dimmelo, se sei tanto intelligente! Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai, o chi ha teso su di essa la corda per misurare? Dove sono fissate le sue basi o chi ha posto la sua pietra angolare, mentre gioivano in coro le stelle del mattino e acclamavano tutti i figli di Dio? Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso dal seno materno, quando io lo vestivo di nubi e lo fasciavo di una nuvola oscura, quando gli ho fissato un limite, e gli ho messo chiavistello e due porte dicendo: "Fin qui giungerai e non oltre e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde"? Da quando vivi, hai mai comandato al mattino e assegnato il posto all'aurora, perché afferri la terra per i lembi e ne scuota via i malvagi, ed essa prenda forma come creta premuta da sigillo e si tinga come un vestito, e sia negata ai malvagi la loro luce e sia spezzato il braccio che si alza a colpire? Sei mai giunto alle sorgenti del mare e nel fondo dell'abisso hai tu passeggiato? Ti sono state svelate le porte della morte e hai visto le porte dell'ombra tenebrosa? Hai tu considerato quanto si estende la terra? Dillo, se sai tutto questo! Qual è la strada dove abita la luce e dove dimorano le tenebre, perché tu le possa ricondurre dentro i loro confini e sappia insegnare loro la via di casa? Certo, tu lo sai, perché allora eri già nato e il numero dei tuoi giorni è assai grande! (Cfr. Gb38,2-42,16).
Quando il Signore mandò Mosè a liberare il suo popolo, il Faraone accolse la richiesta solo dopo aver subìto ben dieci segni, tutti finalizzati a manifestargli che il Dio degli Ebrei è superiore a qualsiasi altro Dio e ad ogni uomo che vive sulla terra. Niente è paragonabile al Signore. Viene Gesù sulla nostra terra, deve mostrare ai suoi discepoli chi è Lui realmente, secondo verità. Lo fa rivelandosi ad essi in tutta la sua potenza. Né morte, né vita, né malattie, né mare, né venti, né tempeste, né uragani, né altro elemento della natura può resistere al suo comando. Lui dice e tutto obbedisce. Dinanzi ad ogni miracolo i discepoli si chiedono: "Chi è dunque costui?". La risposta dovrà essere una sola. Quest'uomo è Dio, perché parla come Dio, agisce come Dio, comanda come Dio. Tutto a Lui obbedisce come si obbedisce a Dio.
Come Mosè, come Gesù, il cristiano è mandato nel mondo per invitarlo alla conversione, alla fede nel Vangelo. Non potrà fare questo lavoro scrivendo summe di teologia o altri trattati tematici di altissimo valore conoscitivo. Queste cose servono al cristiano, non servono a chi cristiano non è. Non può neanche invitarlo attraverso solenni liturgie. Queste servono al cristiano, non a chi ancora non lo è divenuto. Il cuore si attrae a Cristo in un solo modo: mostrando il cristiano nella sua carne la superiorità di Cristo Gesù per rapporto ad ogni altro Dio. Avendo il discepolo di Gesù una parola efficace, parola che trasforma la sua vita e la vita di ogni altro sul quale essa viene pronunciata. Se il cristiano non si presenta al mondo con una sua superiorità spirituale, fatta di opere di Parole, il mondo resta mondo, non passerà a Cristo. Gli manca la visibilità storica dell'unicità di Cristo Gesù in confronto con ogni altro. L'unicità di Cristo è l'unicità del cristiano. Lui deve essere unico dinanzi a tutti.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, rivestiteci dell'unicità di Gesù.
Spunti di riflessione:

- La fede è il contrario della paura? Bisogna avere fede per non avere paura?
- A volte, le acque agitate della vita minacciano di affogarci? Chi potrà salvarci?
- Quale era il mare agitato al tempo di Gesù? Qual è il mare agitato all’epoca in cui Marco scrive il suo vangelo? Quale è oggi il mare agitato per noi?
- Quale momento vivo nella mia vita: forse vivo anch’io una tempesta forte, dove sembra tutto perduto? Ricordo qualche momento della mia vita dove il Signore ha portato la calma vera, dopo la tempesta? O dove, in piena tempesta, ho trovato la calma nel Signore?
- Dov’è che nella mia vita sembra che Gesù dorme? Dov’è che Dio sembrerebbe che non gli importi, e mi lascia affrontare le cose da solo?
- Dov’è che vorrei anch’io rimproverare il Signore? (Tra l’altro, a volte è bene arrabbiarsi con il Signore, sfogarsi con lui in preghiera … può essere – se vissuto con lo spirito giusto – un’ atto di vera fede!)
- Dove sento che il Signore mi interpella: Perché hai paura? Non hai ancora fede?
- Ci sono momenti dove – come i discepoli – sento di avere visto il Signore in azione nella mia vita? Forse momenti dove ho vissuto quel timore davanti al mistero di Dio?
- La serenità, la calma come segno della fede. È di certo una conclusione del testo marciano. Quale è la radice della sicurezza che dona la fede in Cristo? Quali effetti produce?
- «Chi è costui, al quale i venti e il mare obbediscono?». A che punto si trova la mia ricerca di fede? Per quali passaggi si muove? Trova corrispondenza nell’itinerario indicato dal testo evangelico esaminato?