VI DOMENICA DI PASQUA (B)

VI DOMENICA DI PASQUA (B)
At 10,25 – 26.34 – 35.44 – 48 ; Dal Salmo 97 (98); 1 Gv 4,7 – 10 ;
GV 15, 9 – 17;

TEMA: Permanenza – Attuazione

• In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli : “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Gesù ora sviluppa la relazione che esiste tra lui, il Padre e i discepoli. Il Padre ha amato Gesù, lo ha amato donandogli la sua stessa vita; Gesù è dalla vita del Padre, perché da lui è stato generato. La generazione è il più grande gesto di amore che una persona possa compiere. Che l’uomo oggi non ami è così evidente che ha paura di generare, di dare la vita. Chi non dona la vita non ama, perché il dono della vita ad un altro essere è il più grande gesto di amore, prima la si dona concependolo e poi la si dona offrendola perché la vita concepita possa viversi nella verità, nella pace, nella santità. Gesù ama i suoi discepoli perché li ha concepiti alla nuova vita della grazia, per mezzo del dono della sua Parola. Li ama perché dona loro interamente la vita, perché possano non solo conservare la vita ricevuta, ma anche farla crescere ed abbondare di frutti. Il cristiano è invitato a rimanere nell’amore di Gesù, che è anche amore del Padre suo. Vi rimane se è capace di aumentare la vita ricevuta ed anche di darla, di farla crescere attorno a sé, generando molti altri figli alla fede. Chi non genera altri figli alla fede non ama Gesù; chi non dona la sua vita, perché la vita generata cresca e produca frutti abbondanti, non ama Gesù. Ne consegue che la missione, che è generare nuovi figli a Dio, non è opera esterna al cristiano, è la vitalità del suo amore, è la capacità della sua fede di generare altra fede e quando una fede è generatrice di altra fede è una fede viva; quella fede invece che non genera altri figli a Dio è una fede morta, perché è un amore morto. Non ama Gesù, non rimane nel suo amore chi non dona la vita della fede, chi non dona la sua vita, perché la fede donata cresca e si sviluppi.
• Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Come si ama Gesù? Osservando i suoi comandamenti, ma i suoi comandamenti altro non sono che la sua parola. Chi osserva la parola di Gesù, rimane nel suo amore, lo ama. Anche Gesù ha amato il Padre; lo ha amato perché ha osservato il suo comandamento. Gesù insiste in questo legame tra amore e comandamento, tra comandamento e Parola perché questa è l’essenza, il tutto della fede e dell’amore del cristiano, come questa è stata l’essenza, il tutto della sua fede e del suo amore. Gesù insiste perché nella sua scienza e onniscienza divina sapeva e sa che la tentazione che si sarebbe abbattuta sulla Chiesa sarebbe stata una ed una sola, come d’altronde la tentazione che si è abbattuta su di lui fu una ed una sola: la dimenticanza del comandamento del Padre suo, per lui; la dimenticanza del comandamento di Gesù, della sua parola, per noi. Quella comunità che supera questa tentazione è una comunità che rimane nell’amore di Gesù e finché non sarà superata questa tentazione non si entra nell’amore del Signore, ma questa tentazione è sempre da superare, perché è la tentazione che accompagnerà per tutto il suo cammino nella storia i discepoli del Signore. Dalla storia sappiamo i danni che la tentazione ha operato in chi ha voluto distaccarsi dalla Parola, farsi una Parola tutta per se, liberandosi dalla Parola che lo Spirito ha il mandato di ricordare e di spiegare per noi, al fine di condurci nella verità tutta intera. Oggi le comunità soffrono, non perché non vi sia religiosità, non perché vi manchi ogni sorta di celebrazione, in tal senso c’è un ritorno al sacro, un risveglio del sacro. C’è una ritualità molto curata, preparata; ciò che però manca anche nella celebrazione dei sacramenti è la Parola di Gesù, anche se la si legge, la si annunzia, la si proclama, poi quando si tratta di accoglierla, essa viene quasi sempre ignorata e l’uomo procede con i suoi pensieri che non sono pensieri di Dio perché non nascono dalla parola e non sono generati da essa. La parola genera i pensieri santi quando in essa vi è lo Spirito del Signore e lo Spirito è nella Parola quando è nel cuore di chi la parola annunzia; ma lo Spirito non può essere nel cuore se nel cuore c’è assenza di parola vissuta, di parola accolta, di parola ascoltata nella sua verità più piena, nella sua completezza e globalità.

• Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Con la Parola, nel cuore entra anche la gioia di Gesù. Qual è la gioia di Gesù? È quella di aver fatto ogni cosa per la gloria del Padre, è quella che proviene da una coscienza monda e retta che sa che niente è stato fatto se non nella piena obbedienza al Padre celeste. Viene messa in evidenza da Gesù una grande verità. Gesù vuole che i suoi discepoli abbiano nel cuore la sua gioia, quella che è della sua persona, quella cioè che è in lui dall’amore che ha per il Padre suo. Egli vuole che i suoi discepoli abbiano per il Padre suo il suo stesso amore, amando il Padre con il suo amore essa gustano anche la stessa gioia di Gesù. È la gioia di Gesù in loro che farà che la loro gioia sia piena, che ad essa non manchi nulla. Anche questo è un dono che Gesù vuol fare e di fatto farà ai suoi discepoli. Ogni volta che un discepolo di Gesù ama il Padre con il suo stesso amore, con la sua stessa intensità e totalità di obbedienza, e questo amore lo si può chiedere a Gesù e lui certamente lo concede, in questo preciso istante scende nel cuore la gioia che è il frutto dell’obbedienza di Gesù e che è nel suo cuore. È questo dono di gioia che ricolma il cuore del discepolo e gli dona la pace, lo riempie. Il cuore ricolmo della gioia di Gesù non necessita di altro; perde valore ogni altra cosa; il mondo muore per il discepolo ed il discepolo muore per il mondo. Questa è stata la via percorsa dai santi; essi vivono la più grande libertà per rapporto alle cose di questa terra a causa della pienezza della gioia che Gesù ha riversato nei loro cuori. Se il discepolo di Gesù entrasse anche per un solo istante in questa pienezza di gioia, per lui sarebbe veramente la fine del mondo, il mondo cesserebbe di esistere per lui e lui vivrebbe solo per gustare questa gioia eterna che discende nel suo cuore dal cuore di Gesù.
• Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi.
Ancora Gesù ritorna sul comandamento dell’amore. Chiede ai suoi discepoli di amarsi gli uni gli altri, il modello cui sempre ispirarsi è il suo amore. Sappiamo in che cosa consiste il suo amore e qual è la sua intensità. L’amore di Gesù è di purissimo servizio di obbedienza al Padre fino al dono totale della sua vita. Secondo questo amore egli ha amato, secondo questo amore egli vuole che i suoi discepoli si amino gli uni gli altri.

• Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando.
Gesù vuole che i suoi si amino gli uni gli altri, si amino come lui li ha amati. Ora egli detta loro la regola suprema dell’amore e loro sono invitati ad amare secondo questa norma. La regola suprema, oltre la quale non si può andare, vuole che ognuno dia la vita per i propri amici e i discepoli di Gesù devono essere amici gli uni gli altri. Possono essere amici, se saranno amici di Gesù. Amici di Gesù si diviene ad una sola condizione, che si faccia la sua volontà, che si compia ciò che lui comanda. L’amicizia cristiana mai potrà essere vissuta fuori dell’amicizia con Cristo Gesù. Gesù è amico del Padre perché ha fatto tutta la sua volontà, è amico anche dei suoi discepoli, perché ha dato loro la vita, in obbedienza alla volontà del Padre. I discepoli di Gesù sono chiamati a diventare amici di Cristo, facendo la sua volontà; rimanendo nella volontà di Gesù divengono anche amici del Padre e amici fra di loro. Senza il rimanere nel comandamento di Gesù, non c’è vera amicizia, amicizia capace di dare la vita per l’altro; ci può essere una amicizia semplicemente umana, ma sappiamo che questa non ha né la potenza, né la durata, né la stabilità dell’amicizia divina, fondata sulla grazia e sul dono dello Spirito Santo, che crea la vera amicizia tra gli uomini, poiché crea tra di loro la vera comunione che è la vita divina che dal Padre è data tutta al Figlio e dal Figlio è ritornata tutta al Padre e dal Padre e dal Figlio sempre per opera dello Spirito Santo è donata agli uomini e dagli uomini, sempre nello stesso Spirito, risale a Dio Padre sotto forma di obbedienza e di amore.

• Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone, ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi.
Gesù vuole che tra lui e i suoi discepoli si viva questa relazione di amicizia; per lui essi sono i suoi amici, lo dimostra il fatto che in questo momento egli sta aprendo loro il cuore per far loro conoscere tutto quanto egli ha udito dal Padre. Se Gesù li avesse considerati come servi, ai servi il padrone non fa nessuna confidenza, non rivela loro il suo cuore, né li porta a conoscenza dei suoi progetti di vita. L’amico apre il proprio cuore all’altro amico; quando il cuore non viene aperto, allora c’è sempre da temere; bisogna temere perché l’altro non è considerato, non viene considerato come un vero amico; è tenuto lontano dalle confidenze della propria esistenza. Nel caso di Gesù, se qualcuno non riceve le sue confidenze, non viene a conoscenza del suo mistero e di quanto egli ha ascoltato presso il Padre, non è per volontà di Gesù che si trattiene dal farlo perché non vuole farlo, o vuole farlo con alcuni e con altri no. Non lo fa, perché non lo può fare, perché il cuore non è sincero, non è vero amico, nel cuore non c’è la parola di Dio che vi dimora e se non vi dimora la Parola di Dio, esso non è neanche predisposto ad accogliere le confidenze di Gesù. Se si è fatta attenzione al racconto della cena, Giuda è stato sempre tenuto fuori; egli non era vero amico, egli era un traditore e Gesù ha fatto sì che egli prima uscisse dal cenacolo e poi ha iniziato a svelare il suo cuore ai suoi discepoli.

• Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.
Gesù specifica qual è la relazione tra lui e i suoi discepoli. Nel mondo umano, è il discepolo che sceglie il maestro e lo segue. Nel mondo divino, con Gesù, non è il discepolo che sceglie il maestro, ma è il Maestro che ha scelto i discepoli. Viene qui ribaltata l’usanza ed il costume umano. Nel mondo è il maestro che viene scelto perché ritenuto capace di poter dare a chi lo sceglie qualcosa. Gesù non deve essere lui ritenuto degno di dare qualcosa; è lui che sceglie e che costituisce, che forma ed ammaestra perché essi vadano per il mondo, portino frutto e questo loro frutto rimanga in segno della loro obbedienza a Cristo Gesù. Il frutto deve rimanere perché il Padre, guardando al frutto di obbedienza dei discepoli di Gesù, conceda tutto quello che loro gli chiedono nel suo nome. Viene qui indicata la finalità della vocazione. Prima di tutto essa è una scelta da parte di Gesù. Non è l’uomo che sceglie Gesù, è Gesù che sceglie l’uomo. Questa è vera e propria rivoluzione teologale. La vocazione si può vivere solo nel segno della fede e dell’obbedienza. È nel segno della fede perché si crede nella parola di Gesù che ha un progetto su colui che ha scelto; è nel segno dell’obbedienza, perché la vocazione si può compiere solo obbedendo alla parola ascoltata, accogliendola e vivendola per tutti i giorni nella nostra vita. Quando non c’è fede, non c’è neanche obbedienza, e se non c’è obbedienza non c’è vera sequela di Gesù. La vocazione pertanto diviene solo un fatto di fede, niente altro; una volta divenuto un fatto di fede, si trasforma in un fatto di obbedienza, più che di un fatto, in una storia di obbedienza, perché fede ed obbedienza devono sempre accompagnare la vita di colui che è stato scelto da Gesù. Poiché ogni vocazione è una scelta operata da Gesù, e non una scelta dell’uomo nei riguardi di Gesù, per questo dobbiamo pregare e per un duplice motivo: perché Gesù scelga e perché colui che è stato scelto abbia la forza nella fede di rispondere, di accogliere la Parola ascoltata e di predisporre il suo cuore all’obbedienza. La preghiera però da sola non è sufficiente. Gesù lo ha detto in questo versetto. La preghiera fatta nel suo nome al Padre viene ascoltata se coloro che hanno ricevuto la vocazione da parte di Gesù, non solo l’hanno accolta, ma anche messa a frutto, posseggono cioè dei frutti, anzi molto frutto, con il quale possono presentarsi davanti a Dio e chiedere la grazia di altre vocazioni per i meriti di Gesù ma anche di quei frutti che la sequela di Gesù ha operato in loro. Questa è la legge della vocazione, della fruttificazione, della preghiera e dell’ascolto da parte di Dio. Se quanto Gesù ha detto non viene osservato, se una sola di queste condizioni manca, tutto viene meno, ma anche tutto diviene segno della mancanza delle altre cose. Se il Padre celeste non ascolta la nostra preghiera, è segno che noi non abbiamo molto frutto, se non c’è molto frutto è segno che non abbiamo la parola di Gesù dentro di noi, se non c’è la parola di Gesù dentro di noi non abbiamo fede, non siamo nella vera sequela di Gesù.

• Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”.
Sapendo Gesù che tutto dipenderà dall’amore vicendevole che i suoi discepoli dovranno sempre donarsi, ritorna ancora una volta a chiedere loro che si amino. Perché questo comandamento è assai importante, anzi è il comandamento della nuova legge ed è anche il nuovo comandamento dell’amore? Quando il cristiano ama, ama perché c’è la potenza dello Spirito Santo dentro di lui, ma lo Spirito c’è se c’è nel cuore la Parola di Gesù che dimora, altrimenti lo Spirito non c’è e l’uomo non ama. Quando i discepoli si ameranno, allora è il segno che essi sono nella verità di Gesù, vivono la sua parola, compiono l’obbedienza alla sua volontà. Sono veri cristiani e come tali il mondo li riconoscerà. Se invece il mondo non li riconoscerà come appartenenti a Gesù, non è per il fatto che essi non si amino, ma non si amano perché non sono veri discepoli di Gesù. La Parola non dimora in loro e non dimorando la Parola neanche lo Spirito dimora, e senza lo Spirito non si può amare, poiché è lui la comunione d’amore tra il Padre e il Figlio, tra Dio e l’uomo, tra l’uomo e l’uomo. L’amore pertanto è il segno non solo presso il mondo, ma anche presso gli stessi discepoli del Signore. Se essi non si amano tra di loro, non amano i fratelli. Il non amore è il segno della non verità della loro sequela di Gesù; sono nella falsità, perché la parola di verità non è nel loro cuore. Manca in essi la regola di vita, che è l’ascolto della Parola e l’obbedienza ad essa. Ecco perché Gesù ripete loro che si amino gli uni gli altri, che si amino come lui li ha amati e lui li ha amati perché la Parola del Padre era nel suo cuore e con la Parola dimorava sopra di lui lo Spirito del Signore.
Rimanete nel mio nome ( M. Costantino di Bruno)
Dio e Comandamenti sono una cosa sola. Non si ama Dio se non si amano i suoi Comandamenti, che sono il suo cuore. Cristo Gesù è il Vangelo sono una cosa sola. Non si ama Cristo Gesù se non si ama il suo Vangelo, che è la sua stessa vita. Si amano i Comandamenti, si ama Dio. Si ama il Vangelo, si ama Cristo Gesù. Questo legame deve rimanere sempre indissolubile. La misura del nostro amore per il Padre è dato dal nostro amore per Cristo Gesù, che è il suo cuore, la sua vita. Si ama Cristo, si ama il padre. Non si ama Cristo, non si ama il Padre. Cristo e il Padre sono una cosa sola. Fare due realtà separabili di Cristo e del Padre, si è senza l'amore né di Cristo e né del Padre, perché l'amore del Padre è Cristo e l'amore di Cristo è il Padre.
Si rimane nell'amore di Cristo se si rimane in Cristo. Si rimane in Cristo se si rimane nella sua Parola, non però compresa da noi, ma perennemente illuminata secondo pienezza di verità dallo Spirito Santo. Come Gesù Signore era nello Spirito Santo e per Lui era sempre nella Parola o volontà del Padre, così se il discepolo sarà nello Spirito Santo, sarà sempre nella volontà del Padre. Padre, Cristo Gesù, Spirito Santo, Parola sono una cosa sola, indivisibili e inseparabili in eterno. Chi si separa dal Padre, si separa da Cristo, dallo Spirito Santo, dalla Parola. Chi si separa dal Figlio, si separa dal Padre, dallo Spirito Santo, dalla Parola. Chi si separa dallo Spirito Santo, si separa dal Padre, dal Figlio, dalla Parola. Chi si separa dalla Parola, si separa dal Padre, dal Figlio, dallo Spirito Santo. Non è più tralcio vivo della vera vite.
Gesù ci rivela anche la modalità dell'amore del suo discepolo. Esso deve essere un amore in tutto simile al suo. Il comandamento di Gesù va osservato, così come Lui ha osservato i comandamenti del Padre suo. Sappiamo come Gesù ha osservato i comandamenti del Padre: consegnando ad essi anima, spirito, corpo, desideri, volontà, aspirazioni, tempo ed eternità. Nulla in Gesù è dal suo cuore. Tutto invece è dal cuore del Padre. Nulla nel discepolo dovrà essere dal suo cuore, tutto invece dal cuore di Cristo. Come il Figlio amò il Padre facendosi obbediente fino alla morte di croce, così anche il discepolo dovrà farsi obbediente fino alla morte di croce. Un solo corpo, un solo amore, una sola modalità di amare, una sola obbedienza, una sola croce. Gesù ha fatto della sua vita un dono al Padre. Il discepolo fa della sua vita un dono a Cristo. Quando si fa un dono, ciò che è dato non è più dalla nostra volontà, ma dalla volontà di colui al quale il dono è stato offerto. Gesù dona se stesso al Padre. Il discepolo dona se stesso al Figlio. Il Padre dona il Figlio per la salvezza del mondo. Il Figlio dona al Padre il discepolo che si è donato a Lui, perché ne faccia un dono di salvezza.
Qual è il segno che noi amiamo Cristo Gesù? L'amore per ogni suo discepolo. L'amore per il suo corpo. Chi non ama il corpo di Cristo, non ama Cristo. L'amore per il corpo di Cristo è il segno inequivocabile che noi amiamo Gesù. Perché il corpo di Cristo va amato? Perché esso è il solo strumento di salvezza nelle mani del Padre ed è il nostro amore che lo rende perfetto nel dono. Come si ama il corpo? Prima di ogni cosa conservandolo nella più alta santità. Poi aiutando ogni altro a crescere nella santità. Dalla santità del corpo è la santità del mondo. Questa verità mai va dimenticata.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero amore in Cristo.
Spunti di riflessione:
• Amare il prossimo come Gesù ci ha amato. Ecco l’ideale di ogni cristiano. Come lo vivo? Quali sono le mie azioni concrete e reali che lo dimostrano?
• Faccio distinzioni e amo solo alcuni e altri non così tanto?
• Tutto ciò che ho udito dal Padre vi ho fatto conoscere. Questo è l'ideale della comunità: raggiungere la totale trasparenza. Come vivo questo nella mia comunità, famiglia inclusa?
• Usando esempi concreti, cosa mi comanda Gesù di fare? Quanto faccio davvero?
• Il comandamento di Gesù è solo per certe persone o per certe parti del giorno o della settimana, o è per tutto il giorno, ogni giorno?