II DOMENICA TEMPO ORDINARIO (B)

II DOMENICA TEMPO ORDINARIO (B)
1Sam 3,3b – 10.19; Dal Salmo 39 (40); 1 Cor 6.13c – 15.17 – 20;
GV 1, 35 – 42
TEMA: Vedere – Rimanere - Dimorare

• In quel tempo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!».
Dopo aver reso testimonianza a Gesù e aver indicato anche il modo attraverso il quale Giovanni era venuto a conoscenza del Messia di Dio, ora è il momento di passare tutto nelle mani di Gesù, perché il tempo per lui si è ormai compiuto e deve uscire da questo mondo e dalla sua storia. Lui se ne deve andare, ma i suoi discepoli restano, non possono seguire più lui, devono seguire Colui che egli è venuto ad indicare presente nel mondo.
Il giorno dopo Giovanni è ancora sul luogo dove stava battezzando quando i farisei lo interrogarono. Era insieme a due dei suoi discepoli. Fissando lo sguardo su Gesù che passava, lo indica ancora una volta come l’Agnello di Dio. Giovanni sa che egli tutto deve dare a Gesù; la sua persona per la causa di Lui e i suoi discepoli perché seguano Colui che Dio ha mandato come Agnello che toglie il peccato del mondo. I suoi discepoli non si possono fermare al suo battesimo di acqua, anche loro devono essere battezzati in Spirito Santo e per questo devono seguire Gesù e abbandonare Giovanni.
Quando un uomo, chiunque esso sia, sa qual è la sua vocazione e quando essa termina, sa quali frutti egli può raccogliere dal suo albero e quali frutti invece bisogna che lui e quanti gli sono vicini devono cogliere da un altro albero, quest’uomo è veramente grande, perché è veramente umile, rispettoso cioè dei limiti che il Signore ha messo alla sua vocazione e alla sua missione. Il regno di Dio si costruisce e si edifica nell’umiltà; per essa noi conosciamo chi siamo, ma anche sappiamo chi sono gli altri che il Signore ha posto accanto a noi, perché noi ci mettiamo a loro disposizione per la costruzione del suo regno. Giovanni è un vero costruttore del regno, attraverso la testimonianza a Cristo, attraverso la consegna della sua vita e di quella dei suoi discepoli nelle mani del Messia di Dio.

• E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
I discepoli di Giovanni non esitano a seguire Gesù, ad andare dietro l’Agnello di Dio. Il motivo che li spinge non può essere che uno solo: la ricerca della più grande verità. Bisogna essere sempre disposti a cambiare maestro, quando il maestro che noi seguiamo ci dice che c’è uno più grande di lui e che lui ha raggiunto il limite, il sommo di quanto avrebbe potuto donare. Ma per cambiare maestro è necessaria una grande libertà interiore, quel distacco anche dall’uomo-maestro che si seguiva non per lui, ma per quello che avrebbe potuto dare, per la verità che avrebbe potuto insegnare.
Quando sia il maestro che il discepolo sono alla ricerca di una più grande verità, non appena la scoprono o viene loro rivelata, non esitano a seguirla, e la seguono perché essi non cercano se stessi, non si cercano, ma cercano la verità e questa è fuori dell’uomo, indipendente da lui. La verità non può essere cercata se nel cuore non c’è un desiderio forte di essa, se nell’uomo non c’è quella sete e quell’amore che mette la verità prima dell’uomo e lo segue per la verità che egli porta. Questa libertà fa i grandi santi. Chi non è libero, chi è attaccato all’uomo, non cerca la verità e senza la verità non c’è vera libertà, si è sempre schiavi ora di uno, ora dell’altro. La verità è libertà dall’uomo perché è pura ricerca del principio soprannaturale della propria esistenza.

• Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: « Che cercate? ».
Gesù sa di essere seguito, si volta, chiede loro cosa cercano, cosa vogliono, perché vanno dietro di lui. La domanda di Gesù non è un interrogativo di circostanza, una frase tanto per rompere il silenzio. Noi sappiamo che Gesù è sempre essenziale nel suo relazionarsi con gli uomini. La sua domanda è il principio di un discorso, è l’inizio di ogni inizio di cammino.
Non può esserci sequela se non si sa cosa si cerca; una volta saputo cosa si cerca, la persona che viene interrogata deve chiedersi a sua volta se può dare ciò che gli altri cercano da essa. Nella domanda di Gesù c’è tutto un modo nuovo di fare pastorale, perché c’è insita anche la risposta di colui che chiede.
La verità della risposta di chi è interrogato e la verità dell’offerta dell’interrogante sono il principio di ogni relazione che voglia essere costruita sulla verità, lontana da ogni fraintendimento, equivoco, raggiro, tergiversazione, imbroglio, delusione. Alla domanda, chi è interrogato deve rispondere con chiarezza, alla chiarezza della risposta deve corrispondere la verità sull’offerta; qualora l’offerta non dovesse corrispondere alla risposta è giusto, anzi doveroso manifestare le differenze, le divergenze, ciò che si può dare da ciò che non si può, perché non è in nostro possesso.
A volte c’è confusione pastorale perché non c’è né domanda iniziale né risposta certa e non c’è neanche una risposta certa dinanzi ad una ricerca sbagliata; si preferisce giocare sull’equivoco. Ma l’equivoco non è regola pastorale e mai deve divenirlo. Purtroppo sovente si gioca sull’equivoco; poiché la verità della risposta allontanerebbe quanti cercano, allora si continua a giocare, o si finge di non capire le esigenze di coloro che vengono dietro e che noi non vogliamo vedere, per non dare loro una risposta di non possibilità di compimento delle loro richieste.

• Gli risposero: « Rabbì – che, tradotto, significa maestro-, dove dimori? ».
I discepoli non chiedono molto. Vogliono sapere dove abita Gesù. Da notare che Giovanni non aveva presentato Gesù come un Maestro, lo aveva indicato come l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. I due discepoli che lo seguono chiamano Gesù Maestro. Vedono in Lui uno che può insegnare loro la verità, la legge, la volontà di Dio, la conoscenza del pensiero dell’Altissimo e quindi la retta regola della santità.
C’è in loro un pensiero nuovo. Loro forse non sanno ancora cosa significa Agnello di Dio, ma sanno che quell’uomo che Giovanni non fa che indicare come il Messia di Dio, è un maestro, è il Maestro, il loro Maestro, e come tale lo seguono. Lo seguono perché Maestro, perché già lo hanno scelto come loro Maestro. Il contatto con Giovanni è già finito, ora hanno un altro Maestro, hanno il loro Maestro da seguire e per questo vogliono sapere dove egli abita.

• Disse loro: « Venite e vedrete ».
Gesù esaudisce la loro richiesta. Li invita ad andare con Lui. Egli non si attarda a spiegare loro molte cose; vuole però che loro vedano cosa fa, come agisce, come si relaziona e per questo li invita a stare un poco con Lui.
Saggezza divina quella di Gesù e anche metodo di retta pastorale. La pastorale non è dire parole; è vedere l’altro agire, parlare, pensare, dialogare, riflettere, esprimersi. Quando avremo capito che è sull’immagine che si costruisce la pastorale, avremo compreso anche perché molti non sono con noi, non ci frequentano, perché frequentandoci vedono la nostra realtà che è diversa dalla nostra parola e quindi giudicano una finzione il nostro ministero, o semplicemente la nostra pastorale.
Vedere è parola chiara nella pastorale, nell’incontro, negli incontri, nelle relazioni. Si è ciò che l’altro vede di noi, non ciò che noi vorremmo che egli vedesse, ascoltandoci. L’altro ci ascolta come ci vede, non ci vede come ci ascolta.
• Andarono dunque e videro dove dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
L’incontro con Gesù dura quasi un giorno intero, poiché essi lo lasciano verso le quattro del pomeriggio. Da notare che i due discepoli videro e dopo aver visto furono tanto attratti da Gesù che vi rimasero fino al tardo pomeriggio. Cosa videro ancora non è detto, certamente dobbiamo supporre che la visione di Gesù li ha trasformati nella mente e nel cuore. Questo spiega il perché della lunga permanenza presso di lui.
• Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: « Abbiamo trovato il Messia - che si traduce Cristo) » e lo condusse da Gesù.
Viene ora rivelato chi era uno dei due discepoli che avevano seguito Gesù. Era Andrea, fratello di Simon Pietro. Da notare subito che l’evangelista già chiama il fratello di Andrea Simon Pietro. Questo sta a significare come il Vangelo sia stato scritto dopo che Gesù aveva cambiato il nome a Simone, chiamandolo Pietro e quando ormai c’era l’uso nella comunità di chiamare Pietro Simon Pietro, con il doppio nome.
Importante è la presentazione che Andrea fa di Gesù a Pietro. Il Maestro è ora il Messia, il Cristo. Giovanni lo aveva già testimoniato: Gesù era il Messia, l’Unto del Signore. Andrea ora l’attesta e può dirlo per l’esperienza avuta con Gesù. Egli non parla per la testimonianza di Giovanni, egli parla per l’incontro fatto con Gesù, con il Maestro. Per Andrea Gesù è il Messia di Dio, il Messia era già per lui il Maestro. È Messia e Maestro. È stato sufficiente un breve incontro con Gesù perché Andrea entrasse già in profondità con il mistero di Gesù. Tanto può il contatto con un uomo, specie se quest’uomo è pieno di Spirito Santo ed ogni cosa che fa manifesta ed attesta la potenza della sua missione e la verità della sua vocazione.
Non solo Andrea possiede la verità su Gesù, vi conduce anche Simone, perché anche lui faccia l’esperienza con il suo Maestro e Messia. Ancora una volta ci troviamo dinanzi ad una regola pastorale fondamentale. Le parole non servono, serve l’incontro, il contatto, serve l’esperienza, la frequentazione. Da qui la necessità di impostare tutto sull’incontro, ma su di un incontro vero, profondo, che rivela l’intimo del cuore e mette a nudo il nostro spirito. La verità del cuore e dello spirito è la via della missione, per mezzo di essa si conquistano i cuori a Gesù, alla sua verità, al suo Vangelo, alla sua missione.

• Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: « Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa » che significa Pietro.
Gesù si incontra con Simone, lo fissa, il suo sguardo squarcia i veli del corpo, penetra nel profondo dell’animo di Simone. Tu sei Simone, figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa, che vuol dire Pietro. Con lo sguardo che si era fissato su di lui, Gesù vede la storia di Pietro, vede il suo passato, il suo presente ed anche il suo futuro, lo scruta. Sa che può contare su di lui, sulla sua solidità e stabilità, anzi sarà lui a renderlo stabile e solidale, perché lo costituisce roccia, pietra.Dopo che Gesù ha parlato quello che si è stati non lo si è più, perché la sua parola è vera creazione del cuore, della mente, dei pensieri, di tutto l’essere dell’uomo. Anche se l’uomo ancora continua a giocare con il suo passato e a volte il gioco dura per giorni e giorni, se non per degli anni, dopo l’incontro con Gesù, c’è nel cuore una novità, contro la quale si può anche recalcitrare, ma ormai il passato non ci appartiene più, perché il nostro passato non appartiene più a Dio e ciò che non appartiene a Dio non può appartenere all’uomo, solo che l’uomo stenta e ritarda a liberarsene totalmente. Questo Simone lo capirà dopo la discesa dello Spirito Santo su di lui, allora saprà perché il Signore lo ha chiamato Pietro, fino ad allora potrà ancora pensare di giocare con il suo passato e di manifestarsi agli altri nel suo facile entusiasmo.
Andarono dunque e videro dove egli dimorava
Ognuno di noi è obbligato a chiedersi ogni giorno - non una sola volta in vita o addirittura mai - dove dimora il Signore. Dove lo si può trovare. Se dimentichiamo di farci questa domanda, sprofondiamo nella più grande falsità della nostra stessa umanità. Ci faremo disumani. Diventeremo cannibali dei nostri fratelli. Il profeta Geremia rivela che quando l'uomo non si chiede più dov'è il Signore, dove dimora, la terra viene trasformata in un deserto. Essa non è più il buon giardino di Dio. Si cade nell'idolatria più amara. Si adora un pezzo di legno.
Udite la parola del Signore, casa di Giacobbe, voi, famiglie tutte d'Israele! Così dice il Signore: Quale ingiustizia trovarono in me i vostri padri per allontanarsi da me e correre dietro al nulla, diventando loro stessi nullità? E non si domandarono: "Dov'è il Signore che ci fece uscire dall'Egitto, e ci guidò nel deserto, terra di steppe e di frane, terra arida e tenebrosa, terra che nessuno attraversa e dove nessuno dimora?". Io vi ho condotti in una terra che è un giardino, perché ne mangiaste i frutti e i prodotti, ma voi, appena entrati, avete contaminato la mia terra e avete reso una vergogna la mia eredità. Neppure i sacerdoti si domandarono: "Dov'è il Signore?". Gli esperti nella legge non mi hanno conosciuto, i pastori si sono ribellati contro di me, i profeti hanno profetato in nome di Baal e hanno seguito idoli che non aiutano. Un popolo ha cambiato i suoi dèi? Eppure quelli non sono dèi! Ma il mio popolo ha cambiato me, sua gloria, con un idolo inutile. O cieli, siatene esterrefatti, inorriditi e spaventati. Oracolo del Signore. Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l'acqua. Dicono a un pezzo di legno: "Sei tu mio padre", e a una pietra: "Tu mi hai generato". A me rivolgono le spalle, non la faccia; ma al tempo della sventura invocano: "Àlzati, salvaci!". Dove sono gli dèi che ti sei costruito? Si alzino, se sono capaci di salvarti nel tempo della sventura; poiché numerosi come le tue città sono i tuoi dèi, o Giuda! (Ger 2,1-37).
I due discepoli, invitati da Gesù, lo seguono. Cambia la loro vita. Cambia anche la vita del mondo attorno a loro. Cambia la vita di Simone, Filippo, Natanaele. Si dimora presso Gesù e non si è più gli stessi. Ma oggi dove abita Gesù? Dove lo possiamo incontrare? Chi ce lo presenta? Chi ce lo annunzia? Chi favorisce il nostro incontro con Lui? Sono domande alle quali urge dare una risposta. Ma prima ancora chi è obbligato a presentare ogni uomo a Lui? Chi ha ricevuto questo incarico o missione?
Oggi chi è obbligato a presentare ogni uomo a Cristo, nella quotidianità della nostra umana esistenza, è il presbitero. È lui il nuovo Giovanni il Battista che deve indicare ogni giorno all'uomo chi è Gesù Signore. Lo potrà manifestare se lui stesso dimora con Gesù, abita nel suo cuore, alberga nel suo spirito, riposa sulla sua anima. Se il presbitero non dimora con Cristo, diviene come una balena spiaggiata. Si disidrata di verità, amore, carità, Spirito Santo e diviene una massa inerte, senza alcuna vita. Se invece il presbitero quotidianamente naviga nelle profondità dell'anima e del cuore del suo Signore, egli sempre lo manifesterà nella sua più alta verità. L'uomo si sentirà attratto, lo seguirà, cambierà la sua vita. Siamo gli uni dagli altri, ma prima di ogni altra cosa, siamo tutti da Gesù Signore. È l'incontro con Lui che cambia la nostra vita. Se la sua dimora è frequentata poco, poco di Lui si conoscerà e poco si attesterà ai fratelli. Oggi vi è una conoscenza di Gesù troppo umana e poco divina, troppo della terra e poco del cielo, troppo di peccato e poco di grazia, di molta tenebra e di poca luce.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dimorare con Gesù.

Spunti di riflessione:
- La scansione temporale di questa parte del Vangelo, con i suoi “il giorno dopo” ci fa capire che il Signore non è una realtà astratta e distante, ma Lui entra nei nostri giorni, nei nostri anni che passano, nella nostra esistenza concreta. Mi sento disposto ad aprire a Lui il mio tempo, a condividere con Lui la mia vita? Sono pronto a consegnare nelle sue mani il mio presente, il mio futuro, perché sia Lui a guidare ogni mio “giorno dopo” ?
- I discepoli compiono un bellissimo cammino spirituale, evidenziato dai verbi “udirono, seguirono, videro, rimasero”. Non voglio, anch’io, iniziare questa bella avventura con Gesù? Ho le orecchie aperte per udire, per ascoltare in profondità e così poter dare anch’io la mia risposta positiva all’Amore del Padre che vuole raggiungermi? Sento nascere in me la gioia di poter cominciare un cammino nuovo, camminando dietro a Gesù? E poi, ho gli occhi del cuore spalancati per iniziare a vedere veramente ciò che mi accade dentro e attorno e per riconoscere in ogni avvenimento la presenza del Signore?
- Pietro riceve un nome nuovo da Gesù; la sua vita viene completamente trasformata. Me la sento, oggi, di consegnare al Padre il mio nome, la mia vita, la mia persona tutta, così com’è, perché Lui possa di nuovo generarmi come figlio, come figlia, chiamandomi col nome che Lui, nel suo Amore infinito, ha pensato per me?
- Ho incontrato davvero Gesù nella mia vita? Quando? Grazie a quali esperienze? Mi sono lasciato/a trasformare da questo incontro?
- Dio mi invita a dare un colpo di scintilla alla mia vita: cosa vuole dire per me, in questo momento?
- Qual è la priorità della mia vita? Che cosa sto cercando davvero in questo momento della mia vita?
- So fissare lo sguardo? Vedere i segni del passaggio di Gesù?
- Ti senti un chiamato da Cristo Signore? Per che cosa? Come eserciti il vincolo della sua chiamata? Sarà privilegio o servizio per la chiesa di Dio e il bene dei più? Anzitutto sei libero da te stesso per incontrarlo, o gli contrapponi le tue istanze?