PENTECOSTE (A)

PENTECOSTE (A)
At 2, 1 – 11, ; Salmo 103 (104); 1 Cor 12.3b-7, 12 – 13
GV 20, 19 – 23
TEMA: Paura - Gioia
In quel tempo, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse: « Pace a voi! ».
Quanto è stato raccontato fino a questo momento si è tutto svolto di mattina, alle prime luci dell’alba. I testimoni dell’evento sono tre: due hanno visto la tomba vuota, nella quale vi erano anche le bende ed il sudario di Gesù. Maria di Magdala ha visto anche due Angeli e subito dopo lo stesso Gesù che le dona l’incarico della prima missione: riferire ai suoi discepoli il mistero della sua risurrezione e il frutto della sua morte. Siamo di sera. È passato un giorno. Il gruppo dei discepoli si ricompatta, Ora sono tutti nel cenacolo a porte chiuse. Essi hanno paura dei Giudei, temono che possa capitare loro ciò che è avvenuto per il Maestro. Nel cenacolo, rigorosamente sbarrato, nessuno sarebbe mai potuto entrare. Invece Gesù si manifesta in mezzo a loro. Sappiamo perché Gesù ha potuto manifestarsi. Egli non ha compiuto alcun miracolo nell’essere lì presente, era prima ed è rimasto dopo, lì presente, in forma invisibile. Il miracolo, se miracolo si possa chiamare, è solo l’assunzione delle sue forme fisiche, per essere riconosciuto come il Gesù che era stato crocifisso; la stessa persona crocifissa è quella che ora compare ed appare nel cenacolo. Gesù come prima parola augura la pace, più che augurarla, la dona. Egli è il datore della pace. Cosa è la pace che Gesù dona ai suoi discepoli? La pace è creazione di una relazione nuova con Dio, con se stessi, con i fratelli, con l’intera creazione. Questa relazione nuova nasce dalla conoscenza vera che Gesù è venuto a portare in mezzo a noi. La pace è dono della missione di Gesù, perché è un frutto della sua parola. La sua parola dona la retta conoscenza, questa come suo primo frutto genera la pace. La conoscenza è operata in noi dallo Spirito di Gesù e quindi anche la pace è l’opera dentro di noi del suo Santo Spirito. Cosa è esattamente questa relazione nuova? È una relazione che nasce dalla nuova relazione dell’umanità di Gesù con il Padre suo. L’umanità di Gesù è la vera nuova umanità, obbediente, fedele, sottomessa a Dio, piena di amore per il Padre, ricca di perdono e di misericordia per gli uomini. Gesù vuole che la sua umanità sia il modello cui ogni uomo deve riferirsi, ma questo non sarà possibile se non inserendosi in essa e divenendo simile ad essa. Tutto ciò viene operato dallo Spirito del Signore, che ha come mandato dal Padre quello di farci creature nuove, creature cristiche, ad immagine cioè di Gesù.
Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco.
Gesù mostra loro le mani e il costato perché i discepoli vedano la perfetta somiglianza tra lui e il crocifisso. Egli non è un altro, differente dal crocifisso; egli è il crocifisso, ma è il crocifisso risorto. L’identità tra il crocifisso ed il risorto è la verità della risurrezione. Se il risorto non fosse anche il crocifisso, non avremmo la risurrezione, perché non sarebbe lo stesso uomo. Uno solo è colui che è morto ed uno solo, lo stesso, è colui che risorge. Ma se uno solo è colui che muore e colui che risorge è anche uno solo colui che prima di morire e di risorgere ha rivelato il Padre. C’è una unità inscindibile ed inseparabile tra il Gesù che rivela il Padre, il Gesù che è crocifisso e il Gesù che risorge, questa unità e unicità è anche unità ed unicità di rivelazione e di manifestazione della verità.
E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
I discepoli sono pieni di gioia per questa visione. Il loro Maestro è ritornato nuovamente accanto a loro. Gesù lo aveva promesso, loro lo avrebbero veduto di nuovo e il loro cuore si sarebbe ricolmato di gioia. Anche questa parola si compie, ma tutte le parole di Gesù si compiono. Questa gioia è intensissima, come intensissimo era stato lo smarrimento e la confusione per aver creduto perduto il Maestro, andato via per sempre. Questa gioia ancora è la manifestazione del loro amore per il Maestro. Ma ci sarà un’altra gioia che dovrà attenderli, quella di poter dare la vita per Gesù. Quando il loro cuore sarà ricolmato anche di questa gioia, allora essa sarà piena, perché sarà in tutto uguale a quella che ricolma ora il cuore di Gesù.
Gesù disse loro di nuovo: « Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi ».
Dopo che essi gustano la gioia di essere nuovamente con lui, Gesù augura nuovamente la pace. È questo un augurio diverso e differente dal primo. È un augurio che è l’inizio di una vita nuova. Se la vita nuova deve essere vita in tutto simile a quella del Maestro, la vita del Maestro dovrà essere la loro vita. Ora la vita di Gesù è stata una missione, un invio da parte di Dio in mezzo a noi, perché Gesù attraverso il suo amore e la sua verità, riconducesse ogni uomo al suo Creatore e Dio. C’è pertanto un’unica missione: quella di Gesù, che in Gesù deve essere compiuta da ogni suo discepolo. Se la missione è di Gesù e deve essere compiuta solo in Gesù e con lui, è necessario che il discepolo di Gesù impari a diventare una cosa sola con lui e lo diventerà se entrerà in possesso della pace. La pace è la visione veritativa della realtà, è il compimento secondo la grazia di questa verità con la quale si legge l’intera realtà. L’intera realtà Gesù ci ha insegnato a leggerla in modo diverso e l’ultimo suo insegnamento è stato dato dall’alto della croce. La missione pertanto deve essere una, quella di Gesù, ma anche deve essere una nella modalità, secondo lo stile di Gesù, secondo il suo insegnamento e le modalità di svolgimento di essa. Se si esce da Gesù, se non si diventa una sola realtà con lui, la missione non è più sua, può essere anche degli uomini, ma non è certamente sua. È importante che il missionario comprenda questo. Il missionario è colui che mai potrà avere una sua autonomia, un suo modo particolare e personale di essere, perché egli è inviato e l’inviato riceve già una consegna precisa. Nel caso di Gesù e di quanti vivranno la sua missione, la consegna è sul contenuto ed anche sulle modalità di parlare e di operare. Questo deve essere convinzione profonda da parte dell’inviato di Gesù, poiché il Padre non riconoscerà nessun missionario e nessuna missione operata in suo nome se non nel nome di Gesù, cioè in lui, nella sua nuova umanità, secondo le sue storiche modalità, svolta cioè in quell’amore capace di dare tutto se stesso perché la gloria di Dio ed il suo nome siano riconosciuti e confessati su tutta la terra. Poi il frutto della gloria resa al Padre si trasformerà in un merito di salvezza per il mondo intero. In tutto come avvenne per Gesù. Il missionario pertanto è colui che è all’opera perché salga a Dio, attraverso il dono della propria vita, quella gloria che gli è stata sottratta dall’uomo; cosa che potrà avvenire solamente se lui rivelerà il Padre e tutta la sua verità, lo farà conoscere agli uomini. Per rivelare il Padre dovrà amare il Padre e i fratelli, da essere disposto a consegnare la propria vita, perché la verità del Padre, che è la nostra sottomissione a lui in quanto sue creature, venga accolta con un amore così grande da sacrificare ad essa tutta intera la nostra esistenza.
Detto questo, soffiò e disse: « Ricevete lo Spirito Santo; coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati ».
Gesù, alitando su di loro e infondendo in loro lo Spirito Santo, opera quella nuova creazione, ad immagine della sua nuova umanità. In questo gesto di Gesù l’uomo viene fatto totalmente nuovo; si tratta in verità di un nuovo assoluto, un nuovo principio dell’umanità stessa. In questa novità ed in questo nuovo cominciamento della storia dell’uomo, ogni uomo deve essere inserito. Per questo Gesù dona agli Apostoli il potere di rimettere i peccati. Cosa è in fondo la remissione dei peccati se non la distruzione di tutto ciò che è vecchio, di ciò che non si confà all’umanità, che è distruzione di essa, cambiamento verso la non umanità attraverso la sua sottrazione a Dio? Ora tutto questo vecchio modo di essere, di relazionarsi, di comportarsi viene dichiarato cancellato, rimesso e rimosso dal cuore dell’uomo. Questi può iniziare nuovamente dal principio, può ricominciare dal nulla, come dal nulla un altro giorno, nel giorno di Dio, il sesto giorno, egli era stato fatto a sua immagine e a sua somiglianza, ad immagine e a somiglianza del suo creatore. Ora non siamo più al settimo giorno, siamo al primo giorno, che è il giorno di Dio ed è nel primo giorno, nel giorno del Signore, che l’uomo dovrà farsi sempre nuovo, perennemente nuovo, dovrà immergersi nuovamente nell’umanità di Gesù, nel suo corpo, dal suo corpo lasciarsi alitare lo Spirito Santo, del suo corpo nutrirsi per diventare con lui una sola umanità, dopo essersi fatto ricostruire interamente nuovo dal potere che Gesù ha conferito agli apostoli, quello cioè di ricreare l’uomo, di rigenerarlo, cancellando il suo passato, rimettendolo e rimuovendolo dal suo cuore, perché non esista mai più in esso e non esistendo non lo condizioni. Se il primo giorno è il giorno della nuova creazione dell’uomo, il giorno della nuova vita, in questo giorno egli deve rifarsi totalmente nuovo, perché porti la novità di Gesù nel mondo nei sei giorni che non sono né di Dio e né dell’uomo. Dopo il peccato appartengono a questo mondo; in questi sei giorni l’uomo si immerge totalmente nel mondo da dimenticare Dio, da dimenticare se stesso, da dimenticare la sua essenziale vocazione all’eternità, al Paradiso e non alla terra. Questa diviene allora la missione di ogni uomo rigenerato e santificato in Cristo Gesù, divenuto nuovo in lui, incorporato nella sua umanità facente una sola cosa con lui. Egli deve riportare i sei giorni nuovamente al Signore. Tutto è del Signore, anche il tempo. Riportando il tempo, egli riporterà ogni altra cosa che si compie nel tempo. Quando avrà riportato ogni cosa al Signore, perché sua, attraverso la consegna degli altri sei giorni anche al Signore, allora l’uomo avrà svolto la sua missione, altrimenti egli non ha compiuto l’opera di Gesù, non l’ha compiuta perché è missione di Gesù ricondurre ogni cosa al Padre, riconsegnarla. Il discepolo, l’apostolo del Signore, nel giorno del Signore opera la nuova creazione dell’uomo, lo rigenera e lo fa ad immagine di Gesù, riformato e riconfermato in Gesù a sua immagine, l’uomo esce dal cenacolo, si immerge tra i suoi fratelli come nuova creatura e così agendo ed operando tutto riporta nuovamente al Padre. Questa è la vera missione cristiana. Niente che esiste nel mondo ora appartiene al Signore, perché l’uomo se ne è appropriato e l’ha fatto suo, tutto di ciò che esiste nel mondo deve essere riconsegnato al Signore, perché è sua proprietà e l’uomo deve ridargliela. Il primo giorno è il giorno del cenacolo. Tutti i discepoli del Signore vi dovranno ritornare per lasciarsi rifare nuovi da Gesù. Ma essi non dovranno ritornare soli, dovranno condurre con loro quanti il Padre ha dato loro perché anche essi si lascino fare nuovi in Cristo Gesù, per divenire in lui, nuovi suoi discepoli e collaboratori per riportare ogni cosa al Padre, per riconsegnarla a lui. E così il discepolo del Signore sa due cose: sa che ogni primo giorno egli deve ridivenire nuovo, interamente nuovo, deve abbandonare tutto ciò che è mondo e si è attaccato al suo cuore e ai suoi pensieri, deve condurre nel cenacolo quanti per la sua parola e la sua opera hanno creduto nella novità operata da Cristo Gesù. Se egli non avrà condotto nessuno nel cenacolo, significa una cosa sola: egli non avrà vissuto in novità di vita la sua presenza nel mondo ed il Padre dei cieli non gli ha dato per questo nessuna altra persona, lui non ha lavorato per la gloria di Dio. Se non si parte da questo concetto di missione e da questa necessità vitale di rinnovarsi e di ricrearsi nel cenacolo nel giorno del Signore, per ricreare e santificare i sei giorni che ancora non sono di Dio e di ricondurre ogni uomo che non è ancora di Dio nel cenacolo, noi non abbiamo compreso niente di Gesù, né della sua missione, né del suo regno.

Ricevete lo Spirito Santo (M. Costantino di Bruno)
Per comprendere la novità in ordine al dono dello Spirito Santo, introdotta nel Nuovo Testamento, dobbiamo per un istante entrare nella casa di Zaccaria e porre ogni attenzione al fine di catturare in pienezza di verità ciò che in essa avviene.
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,39-45).
Catturiamo bene gli eventi nella loro successione cronologica: La Vergine Maria entra nella casa. Saluta Elisabetta. Il suo soffio è la sua stessa vita. La sua vita è piena di Spirito Santo. Dalla pienezza della sua vita lo Spirito, attraverso il soffio vitale di Lei, si travasa tutto su Elisabetta. In Elisabetta lo Spirito compie due grandi prodigi: nel suo cuore e nella sua mente diviene luce potentissima con la quale viene illuminato il mistero di Maria. Nel suo seno il bambino viene ricolmato dello stesso Spirito. Sulla croce, la vita di Gesù raggiunge il sommo della pienezza dello Spirito e dal suo corpo trafitto esso si riversa sulla terra sotto forma di un fiume che dovrà inondare i cuori di ogni abbondanza di vita eterna e di grazia di salvezza e di santificazione.
Nel Cenacolo, dopo la sua gloriosa risurrezione, Gesù lo dona ai discepoli soffiandolo su di essi allo stesso modo che il Padre lo "spira" sulla creta, facendola divenire essere vivente. Quanto opera il Padre al momento della creazione, ciò che fa Cristo dalla Croce e nel Cenacolo è chiamato a farlo ogni suo discepolo. Urge per questo operare una duplice distinzione nel dono dello Spirito. Vi è il dono dello Spirito per via sacramentale ed esso è sempre donato, indipendentemente dalla santità del ministro. Ma lo Spirito dato nei sacramenti, deve essere preceduto dallo Spirito "spirato" sull'uomo, che è Spirito di sapienza, conoscenza del mistero, conversione, pentimento, accoglienza di Cristo nel cuore e nella mente. Qui però occorre che la vita del cristiano sia colma di Spirito del Signore, in modo che la sua Parola che annunzia Cristo sia come il fiume di acqua e di sangue che sgorga dal costato del Cristo trafitto. Più il cristiano trasforma la sua vita "naturale, animale" in vita "spirituale" e più lo Spirito del Signore come fiume in piena dal suo cuore si riverserà per la sua parola nel cuore degli uomini e li attrarrà a Cristo Signore. Per questo è dato lo Spirito: per "creare" Cristo nel cuore, allo stesso modo che Lui lo ha "creato" nel seno della Vergine Maria.
Anche sul perdono dei peccati urge mettere in evidenza una duplice verità. Si deve separare il perdono di ogni singola persona verso gli offensori e quello sacramentale. Prima del perdono sacramentale, c'è il perdono personale del discepolo di Gesù verso ogni altro uomo. Gesù dalla Croce, da Crocifisso chiede perdono al Padre per i suoi carnefici, scusandoli a motivo della loro non scienza e non sapienza. Anche Stefano perdona coloro che lo stanno lapidando. Quando lo Spirito di Dio è forte nel cuore, sempre si perdonano i peccati dei fratelli. Quando non c'è il perdono, è segno che lo Spirito di Dio ancora non è forte in noi. Si deve crescere in esso. Il non perdono rivela la quantità e la qualità dello Spirito ed esse sono veramente poche, anzi nulle.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.

Spunti di riflessione:
- Come continua, dopo la Risurrezione, la missione di Gesù nel mondo? Qual è il contenuto dell’annuncio missionario?
- Che significato ha per me il dono dello Spirito per la missione?
- Mi impegno realmente, secondo le mie possibilità e i talenti che ho ricevuto, a vivere questa missione? O in fondo penso che la missione è solo per pochi addetti ai lavori?
- A chi oggi sono chiamato ad annunciare l’amore di Cristo morto e risorto?
- Quali sono, se ne ho, i dubbi della mia fede? Come li affronto e progredisco? So esprimere le ragioni della mia fede?
- Ogni cristiano, in ogni tempo, credendo nella risurrezione del Cristo e vedendolo con gli occhi della fede, dovrebbe essere permeato dalla gioia della Pasqua. Sento in me questa gioia? O nella mia vita sento più pesante il peso della tristezza, della paura, dello scoraggiamento? So farmi portatore di gioia per coloro che vivono nella prova e nel dolore?
- Come non poter vincere le nostre paure, se possiamo essere certi che Egli ha vinto la morte? Come ci trasformiamo in pacificatori del mondo se non riusciamo a pacificare il nostro cuore né mettere pace nelle nostre relazioni personali?